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![]() COMMERCIO DEI GRANI, QUESTIONE DEL Dibattito economico sollevato a metà Settecento da F. Quesnay e dai sostenitori della fisiocrazia in opposizione alla tradizionale politica dei governi dettata dalla paura dei prezzi alti e delle carestie e dei conseguenti tumulti popolari. La tesi fisiocratica sosteneva che il vero modo di opporsi alle carestie era quello di favorire lo sviluppo della produzione agricola, facendo in modo che i prezzi agricoli fossero abbastanza alti da promuovere le innovazioni e gli investimenti. A questo fine occorreva liberalizzare il commercio dei grani, prima di tutto fra una regione e l'altra di uno stesso paese, ma anche nei rapporti con l'estero; la caduta delle barriere doganali avrebbe incentivato la produzione facendo andare il grano dove era meglio remunerato e avrebbe riequilibrato i prezzi delle diverse regioni, qui troppo alti per i consumatori, là troppo bassi per i produttori. Al dibattito prese parte anche l'abate italiano F. Galiani. L'abolizione delle dogane interne fece parte spesso dei programmi dell'assolutismo illuminato , mentre la liberalizzazione del commercio estero, tentata in Francia nel 1764 e 1774, fu abbandonata di fronte ai tumulti popolari. Il dibattito sul commercio dei grani venne ripreso in un diverso contesto nell'Inghilterra degli anni 1838-1846. L'Anti-Corn Law League sostenne l'apertura alle importazioni granarie dall'estero con il duplice scopo di far diminuire i prezzi dei beni alimentari e di garantire all'industria britannica un corrispondente aumento delle esportazioni di manufatti sui mercati. |
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